La curiosità, che muove il mondo, ha meccanismi in comune col piacere e la fame.
Curiosità, fame e piacere hanno molti punti in comune. Chi l’avrebbe detto? Eppure su questo tema sono stati effettuati studi serissimi e, quello che ci pare ovvio e scontato, non lo è per gli scienziati.
Un gruppo di neuroscienziati del California Institute of Thecnology ha dimostrato che, quando siamo curiosi, entrano in azione le stesse aree cerebrali che si attivano quando abbiamo fame.
E quando la curiosità è soddisfatta, si attiva la regione cerebrale associata al piacere.
E’ un processo che possiamo rappresentare come un ciclo continuo.
Conosciamo la curiosità?
Quello che ancora è poco conosciuto è il meccanismo in base al quale siamo spinti dalla curiosità.
Psicologia e neuroscienza devono ancora lavorare per analizzarla scientificamente
A differenza di quanto accade per la fame, che generalmente scatta per mancanza di cibo, la curiosità non segue la stessa via.
Quando siamo totalmente a digiuno di informazioni, non c’è curiosità perché non si sa nemmeno di cosa esserlo.
O si teme di non essere comunque in grado di comprendere ciò che potremmo scoprire.
La stessa cosa capita quando sappiamo di conoscere molto bene un argomento e non siamo più interessati a nuove ricerche. Già sappiamo!
Se sappiamo abbastanza da districarci nella materia senza essere degli esperti, allora la curiosità ci guida e ci gratifica.
Questo perché siamo in grado di collocare la nuova informazione nei nostri schemi mentali e di migliorare sempre più le nuove conoscenze, leggendo in modo sempre più diligente ed accurato il nuovo che ci appare.
Le nostre conoscenze crescono e fanno sì che per ogni cosa che capiamo ci siano nuove domande.
Lo studio di Daniel Barnyle,
In merito alla curiosità è ancora valido lo studio pubblicato da Daniel Barnyle, psicologo inglese, sul British Journal of Psychology del 1954, che attesta l’esistenza di quattro tipi di curiosità:
- specifica, quando vogliamo avere una certa informazione in un momento specifico, come quando non riusciamo a ricordare il nome di un file o di una canzone
- percettiva, quando vediamo qualcosa che non conosciamo che cosa sia e sentiamo la necessità di sapere di cosa si tratti
- diversiva, quando vogliamo distrarci da uno stato di noia
- epistemica, quando il desiderio di conoscenza, ci porta a cercare ciò che è nuovo
Le prime tre forme di curiosità si soddisfano facilmente e sono di breve durata.
La curiosità epistemica invece è molto più interessante e ricca di evoluzioni e sfaccettature perché è alla base della ricerca scientifica, dell’arte, delle nuove scoperte, della conoscenza di sé e degli altri.
La curiosità è connaturata e lo vediamo facilmente nei bambini che sono sempre pieni di voglia di sapere e di fare domande, ed anche negli animali, che hanno un istinto naturale all’esplorazione degli ambienti che non conoscono.
Essere curiosi è un atteggiamento mentale che si autoalimenta. Meno siamo curiosi e meno esploriamo e meno impariamo.
Fare domande ci aiuta a vedere nuove realtà e poi a farci nuove domande in un ciclo continuo per mantenere in forma la mente e renderla più forte, assorbente, attiva e reattiva.
Ci aiuta a dare a noi stessi e agli altri significato, prestando attenzione ai particolari e spingendoci a stabilire relazioni più autentiche con il mondo esterno ed anche col nostro mondo interiore.
Essere curiosi rallegra la vita. Da curiosi si è attirati sempre da cose nuove, come i bambini in un indagare curioso e giocoso che non conosce la noia.
Tutta la nostra civiltà, la nostra storia, dipendono dalla curiosità.
Ed anche il futuro dipende dalla nostra capacità di fare domande.
E, se non decidiamo cosa esplorare e cosa imparare, sarà il mondo a deciderlo per noi
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