Enzo Maiorca è stato una leggenda vivente, il re degli abissi, colui che ha fatto conoscere al mondo l’apnea a suon di record. Nasce a Sicuracusa nel 1931 (dove morirà nel 2016) e sin da subito il suo legame col mare è forte ed indissolubile, anche se sempre affermò che, del mare, occorre avere paura e rispetto.
Il suo amore per l’apnea nasce casualmente nell’estate del 1956 quando un suo amico medico gli fece vedere un articolo nel quale si parlava di un nuovo record di profondità a -41 metri strappato a Raimondo Bucher da Ennio Falco e Alberto Novelli (campioni di caccia subacquea).
Affascinato da quel mondo decide di entrare in competizione con i grandi delle immersioni in apnea alla continua ricerca del nuovo “limite”. Nel 1960 corona il suo sogno toccando -45 metri. È l’inizio di una grande era di primati raggiunti solo per essere superati.
In assetto costante nel 1976 raggiungerà il limite di -60 metri e nel 1979 i -55 metri (dopo le modifiche regolamentari nel frattempo apportate a tale tipo di immersione).
Ma è nel 1988 che, in assetto variabile, raggiungerà il limite di -101 metri.
Assetto costante e assetto variabile
L’assetto costante è quella disciplina dell’apnea, praticata principalmente in mare, che consiste nello scendere in profondità e risalire con lo stesso assetto (peso) e senza alcun aiuto; può essere praticato con la monopinna o con le bi pinne classiche. Tra le tecniche ammesse vi è quella di tirarsi a braccia lungo il cavo guida oppure l’uso dello stile rana. La discesa e la risalita devono avvenire con lo stesso stile di nuoto
Nell’assetto variabile, invece, è consentito scendere in profondità con l’ausilio di una zavorra aggiuntiva. Nella fase di discesa si procede sostanzialmente senza applicare alcuna tecnica motoria, con l’ausilio di una zavorra extra, e si risale utilizzando una tra le tecniche ammesse per l’assetto costante.
La sfida tra Enzo Maiorca e Jaques Mayol a suon di primati del mondo
Quando si parla di sport non si può non parlare dei dualismi e delle accese rivalità che hanno fatto discutere, diviso e appassionato le genti, da Pelè/ Maradona, da Federer/Nadal, da Messi/Ronaldo a Coppi/Bartali…. per citarne alcune. Nel mondo dell’apnea, nelle profondità del mare, regnavano Enzo Maiorca e Jacques Mayol.
La loro fu una sfida lunga, strappandosi i record vicendevolmente, migliorandosi immersione dopo immersione. Questo li accomunava.
Per il resto erano due mondi opposti.
Uno italiano, l’altro francese. Uno aperto, solare, schietto e burbero; l’altro schivo, tormentato, introverso e distaccato. Ognuno dei due interpretava a proprio modo la pratica della disciplina dell’apnea. Enzo Maiorca era la grinta, la potenza, la rabbia e l’impulsività (in seguito parleremo dell’episodio di Bottesini che ben rappresenta tutto ciò); Mayol era aggraziato, posato ed elegante, appassionato di filosofia orientale.
La loro rivalità colpì un Maestro del cinema, il regista Luc Basson, che nel 1988 decise di farne un film ispirato ad essa, Le Grand Bleu. Visti gli opposti caratteri, non stupiranno le opposte reazioni dei soggetti ispiratori del film.
Mayol incontra il regista ed apprezza il progetto; Maiorca lo critica e lo contrasta, per la ritenuta rappresentazione errata fatta della sua persona. In Italia il film è uscito nella sale solo nel 2002, dopo la morte di Mayol (nel 2001) e la risoluzione delle controversie con Maiorca
L’incontro scontro tra Enzo Maiorca e Enzo Bottesini
Era il 22 settembre 1974 e, nelle acque antistanti Sorrento, Enzo Maiorca si apprestava ad un tentativo per stabilire un nuovo record mondiale di immersione in apnea alla quota di 90 metri.
Per la prima volta nella storia un simile evento era oggetto di una diretta televisiva.
Dopo una lunga preparazione Maiorca iniziò la discesa lungo il cavo d’acciaioalla caccia del record. Dopo neanche venti metri di profondità andò a sbattere contro Enzo Bottesini, esperto di immersioni e istruttore subacqueo, ex campione del telequiz Rischiatutto, all’epoca famosissima trasmissione di Mike Bongiorno, inviato della Rai per l’occasione.
Celebre lo scambio di battute avvenuto in trasmissione che qui riportiamo: “Signor Bottesini, mi dicono che lei è un subacqueo bravissimo?” Risponde il sempre pronto Bottesini: “Grazie signor Mike, ma so che anche lei è un ottimo sub” e Bongiorno si supera:“No, no, sono solo un subnormale”. Applausi! Ma torniamo a quel giorno.
Maiorca, dopo l’urto con Bottesini, riemerse infuriato e si lasciò andare a una sequela di imprecazioni piuttosto forti, molte delle quali chiaramente udibili dal pubblico televisivo prima che la regia riuscisse a intervenire disattivando il collegamento audio.
Bottesini, capito di averla fatta grossa, scelse di non riemergere subito ed a nulla valsero i tentativi surreali di uno speaker dell’organizzazione che, con un megafono in mano, urlava all’uomo in immersione : “Bottesini esca di lì, Maiorca le vuole solo parlare!”. Già pareva volesse solo parlargli, ma Bottesini non si fidò.. e fece bene!
Per la cronaca, una settimana dopo Maiorca ripeté il tentativo riducendo l’obiettivo a 87 metri. Questa volta il tentativo riuscì pur avendo accusato una sincope nella parte finale dell’impresa.
L’episodio della cernia e l’abbandono della pesca subacquea
Maiorca racconta come, immersione dopo immersione, sviluppò una diversa visione della vita sott’acqua tanto che abbandonò la pesca.
“Mi ero immerso in una secca poco lontana dal capo che protendendosi verso il mare aperto chiude a sud la baia di Siracusa. Quella mattina mi accadde di arpionare una cernia. Una cernia robusta, combattiva. Si scatenò sul fondo una vera e propria lotta titanica fra la cernia che pretendeva di salvare la sua vita e me che pretendevo di togliergliela. La cernia era incastrata in una cavità fra due pareti; cercando di rendermi conto della sua posizione passai la mano destra lungo il suo ventre. Il suo cuore pulsava terrorizzato, impazzito dalla paura. E con quel pulsare di sangue ho capito che stavo uccidendo un essere vivente. Da allora il mio fucile subacqueo giace come un relitto, un reperto archeologico impolverato nella cantina di casa mia. Era il 1967”.
Il delfino, comunque una bella storia!
Maiorca racconta di un episodio che gli sarebbe accaduto nel mare di Siracusa prima di un’immersione.
Mentre si apprestava all’immersione Maiorca si sentì colpire leggermente alle spalle, si girò e vide un delfino. Capì subito che l’animale non voleva giocare, ma esprimere qualcos’altro. Il delfino infatti si allontanò e Maiorca lo seguì a nuoto. Poi l’animale si immerse e lo stesso fece Enzo.
A circa 12 metri di profondità impigliato in una rete di una spadara abbandonata c’era un altro delfino. Maiorca emerse rapidamente e chiamò a gran voce la figlia perché lo raggiungesse con i due coltelli da sub che erano nella barca. In pochissimi minuti i due esperti sub riuscirono a liberare il delfino impigliato nella rete, il quale allo stremo delle sue forze riuscì ad emergere e, emettendo un quasi “grido umano”, così lo descrisse Maiorca, riuscì a respirare. Un delfino può resistere sott’acqua non oltre 10 minuti, dopo affoga.
Il delfino liberato restò un po’ stordito in acqua, poi si riprese. E sorpresa… si scoprì che era una delfina perché da li a poco partorì un piccolo. Mamma e cucciolo si allontanarono mentre il delfino maschio fece un giro intorno ai due umani, si fermò un attimo davanti ad Enzo Maiorca, gli diede un colpetto, come fosse un bacio, e poi si allontanò.
Vero, verosimile, certamente una bella storia di rispetto e di Amore.
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