Quando parliamo di macchina del caffè tradizionale il nostro pensieri va alla Moka inventata nel 1933 da Renato Bialetti.
Il modello, che ancora oggi usiamo, è sostanzialmente quello origianario. Minime le modifiche nella forma e nei dettagli. La forma ottagonale in alluminio è restata immutata ed è oggi un vero e proprio oggetto tipico del design italiano.
La storia della Moka e di Bialetti, se volessimo rappresentarla con un’opera d’arte, penseremmo al quadro “La grande onda di Kanagawa” del pittore giapponese Hokusai di cui abbiamo parlato in altro articolo del nostro sito. Una gigantesca onda capace di crescere sino a sovrastare tutte le altre per la sua mole, la sua energia, la sua unicità.
Il perchè del suo successo
Il dopo guerra, la rinascita e la ripresa economica dell’Italia, sono un periodo difficile ed al tempo stesso ricco di occasioni e possibilità.
I prodotti italiani si affermano progressivamente sul mercato interno ed estero.
Sono soprattutto le idee nel mondo della moda e dei motori, con i marchi motoristici sportivi o quello di più largo utilizzo per gli italiani che scoprono la loro prima automobile, ed emergere ed a diffondersi, unitamente agli ambiti economici tradizionali quali quelli della gastronomia e del turismo.
In questo contesto si inserisce una piccola azienda piemontese che, per la sua genialità, riuscirà a rappresentare i concetti di “convivialità”, “stare insime” e “tradizione”.
Sono la strategia vincente dell’Omino con i baffi e della Moka.
La caffettiera napoletana
Sino ai primi anni trenta del secolo scorso il caffè era fatto con la caffettiera napoletana che tutto era meno che una caffettiera.
Scherzando potremmo parlare di una teiera che fa il caffè.
La caffettiera napoletana, come altre macchine da caffè del 19° ed inizio 20° secolo, funzionava infatti secondo il concetto della teiera.
Si scaldava l’acqua e poi, capovolgendo la caffettiera, si faceva passare il liquido dalla parte superiore a quella inferiore attraverso un filtro col caffè. La bevanda era quindi il frutto del lento scorrere per caduta dell’acqua attraverso il caffè.
La Moka è tutt’altra cosa!
Alfonso Bialetti nel 1919 crea a Crusinallo, una frazione di Omegna allora in provincia di Novara (ora Verbano Cusio Ossola), una piccola impresa di semilavorati e prodotti in alluminio. L’azienda nel 1927 sarà poi ceduta alla Alessi.
Alfonso Bialetti osserva la moglie che fa il bucato. A quell’epoca non c’erano, ovviamente, le lavatrici. C’erano le “lisciveuse“, un grande calderone nel quale si mettevano i panni sporchi da lavare, aggiungendo la liscivia (un tipo di detersivo) e l’acqua.
Nella parte centrale si trovava un tubo con la superficie forata. L’acqua, portata ad ebollizione, usciva dai fori e scioglieva il detersivo, creando movimento tra i panni.
Nel 1933 Bialetti pensò bene di mettere a frutto la sua esperienza nella realizzazione di beni in alluminio e di utilizzare lo stesso meccanismo di ebollizione dell’acqua nella “lisciveuse” sostituendo la liscivia con la polvere di caffè.
L’idea ebbe successo anche per il binomio vincente alluminio-caffè.
L’alluminio era un materiale nuovo e traduceva in modo vincente il concetto di modernità proposto all’epoca dalla cultura fascista.
D’altro canto il caffè, sino ad allora esclusiva dei bar,veniva portato nelle case con un gusto assai simile, certamente assai diverso e più accattivante rispetto al prodotto della caffettiera napoletana.
La caffettiera di Bialetti prese il nome di Moka come richiamo ad una città dello Yemen, Mokha, famosa per la produzione di caffè arabico di qualità.
La sua diffusione
La caffettiera Moka in breve entra nella casa degli italiani diventando un prodotto di largo consumo ed utilizzo.
Nel 1947 Renato Bialetti, figlio del fondatore Alfonso, decide che i tempi sono maturi per l’esportazione del prodotto che, in breve, raggiunge anche all’estero il successo riscosso in Italia.
La visione aziendale di Renato Bialetti è decisamente innovativa ed avanzata per i tempi. Ritiene infatti che sia tempo di passare da una dimensione artigianale e territoriale ad una produzione più ampia e pubblicizzata.
Quando a metà degli anni ’50 la televisione entra nella realtà degli italiani (prima timidamente nei bar poi, molto lentamente, nelle loro case) Bialetti ne coglie subito lo smisurato potenziale.
Nasce il celebre “Omino coi baffi” (caricatura di Renato Bialetti) reso popolare dal programma “Carosello” trasmesso sulla RAI.
Nel 1958 fanno capolino i primi spot pubblicitari resi indimenticabili grazie al personaggio dell’Omino coi baffi che proponeva facili indovinelli ai telespettatori.
Sfruttando questo canale comunicativo, la simpatia e il garbo del cartone animato, nonché la bontà del prodotto, Bialetti e la Moka hanno il massimo successo diventando la caffettiera per eccellenza, indispensabile per gustare un caffè all’italiana in casa.
La Moka si rinnova
Gli anni settanta del secolo scorso segnano il difficile passaggio dal “boom economico” alle diverse crisi (economiche e politiche) che da lì in poi si sarebbero succedute con regolare costanza.
Il percorso del prodotto caffettiera Moka ha continuato a snodarsi sino ai giorni nostri, avendo sempre come riferimento due concetti base: tradizione ed innovazione.
Il momento della preparazione del caffè, nella tradizione e nel nostro costume, è la pausa per eccellenza, è un momento di unione e confidenza, è un qualcosa di unico che rimanda ad una dimensione familiare e intima.
Parallelamente il prodotto si è adeguato ai tempi e, accanto al prodotto tradizionale, ne sono nati altri più in linea con i tempi, come ad esempio le capsule riciclabili da utilizzare nelle nuove caffettiere.
Ma qualunque sia il modo di fare il caffè, rimane sullo sfondo una delle pubblicità cult degli anni Cinquanta che esclamava:”Sembra facile… fare un buon caffè”.
E chi di noi non lo ha pensato almeno una volta quando ha sorseggiato un caffè che sapeva di amaro o di bruciato!
© Riproduzione riservata