Obsolescenza programmata: cos’è, come funziona?

In Articoli in evidenza slide, CURIOSITA'
obsolescenza programmata

La definizione “obsolescenza programmata” può apparire oscura e complessa.

In realtà si tratta di una precisa strategia industriale grazie alla quale le aziende accorciano la vita commerciale dei loro prodotti.

Il tutto con il preciso ed unico scopo di indurci a comprare il modello nuovo di quel prodotto.

Quando nasce questa strategia?

Forse in pochi lo sanno: non è un frutto dei tempi moderni!

Il primo significativo esempio, infatti, risale a circa 100 anni or sono.

Nel 1924 i produttori di lampadine a filamento si trovarono di fronte al problema che queste duravano troppo.

Le maggiori compagnie, a Ginevra, firmarono quello che viene ricordato come il cartello Phoebusl’impegno assunto fu quello di progettare, pubblicizzare e vendere lampadine ad incandescenza che durassero non più di 1.000 ore.

Per inciso, già all’epoca, dette lampadine potevano tranquillamente raggiungere le 2500 ore di funzionamento.

L’economista Arthur A. Bright Jr., nel saggio The Electric Lamp Industry, tentò di dare una giustificazione etica a copertura del chiaro intento di lucro delle aziende. Asserì, in breve, che era sì vero che le lampadine poteva avere una durata assai maggiore, ma ciò andava a discapito dell’efficienza a causa del consumo del filamento.

In sostanza le lampadine avrebbero, da un certo momento in poi, consumato di più ed illuminato di meno. Quindi l’operazione era un “favore” che si faceva al consumatore!

Alcuni anni dopo, in un altro campo totalmente diverso, troviamo un cartello del tutto simile.

Nel campo dell’abbigliamento, i produttori decisero di  “indebolire” la resistenza del nylon, il tessuto con il quale venivano realizzate le calze utilizzate dalle donne. Il tessuto creato in laboratorio era talmente resistente che l’industria delle calze stava fallendo. Riducendo la resistenza, si favorivano le smagliature e dunque i nuovi acquisti.

E di esempi ne potremmo fare molti altri.

Obsolescenza informatica

La seconda guerra mondiale ed il successivo boom economico misero una sordina a  questa tecnica commerciale.

Lo sviluppo economico portò dapprima alla rincorsa e poi all’acquisizione di tanti beni tecnologici che nelle case di noi tutti ci appaiono oggi oggetti “scontati” (ma così non era solo 40 – 50 anni or sono): la lavatrice, il frigorifero, la televisione, il telefono e, in tempi più recenti, il computer ed il cellulare.

In ultimo abbiamo assistito alla fusione in un unico device di apparati una volta diversi, creando un ulteriore proficuo  canale di vendite.

Lo smartphone che abbiamo in tasca unisce oggi in un solo oggetto tanti apparati del passato: tv, telefono, computer.

Le funzioni accorpate hanno indotto il pensiero della necessità di una quantità di memoria sempre maggiore. A volte realmente necessaria, a volte assolutamente inutile.

La missione sulla luna fu governata dalla Nasa con computer che possedevano memoria e  capacità di calcolo assai inferiori a quelle di uno smartphone di medio livello di oggi.

A volte, “avere più memoria”, serve.

A volte, invece, questa necessità è generata artificialmente dai produttori che creano programmi e sw di notevoli dimensioni, per occupare memoria, proponendo funzioni che, all’utente comune, spesso restano del tutto ignote e  non utilizzate.

Un’ulteriore tecnica che si è ormai ampiamente diffusa è quella di progettare apparati rendendo impossibile la sostituzione della parti soggette  a maggiore usura (ad esempio la batteria), ovvero del tutto anti economica  tale manutenzione a causa di un elevato costo dei ricambi. Un costo assolutamente ingiustificato rispetto al valore reale del pezzo da sostituire.

La nuova obsolescenza psicologica

Accanto all’obsolescenza tecnologica di cui abbiamo parlato, tra tutti noi si è insinuata l’obsolescenza psicologica, assai più insidiosa, subdola e pericolosa.

Nasce da un’obsolescenza tecnologica (sono sempre  materiali a cedere) che riguarda aspetti assolutamente marginali delle funzionalità del prodotto che continua a svolgere egregiamente il suo lavoro.

La scelta di un materiale rispetto ad un altro non è mai casuale.

Un esempio.  L’uso di plastiche al posto del vetro e/o del metallo non è casuale. Le plastiche, infatti, sono costituite da molecole (polimeri) che sono “sensibili” agli agenti atmosferici ed ai raggio solari.  Il loro uso, in condizioni avverse, ne provoca il degrado progressivo.

Avere un pezzo dell’auto, o un cellulare la cui scocca appare rovinata (pur funzionando l’apparato perfettamente), genera nel tempo il desiderio di cambiare. E’ un ‘operazione studiata per indurre l’utente a perdere fiducia verso il suo oggetto. Il tempo, nel suo scorrere, apre la crepa sino alla breccia tramite cui passa l’idea del nuovo acquisto.

Un altro esempio.

Dall’8 marzo 2022 ci sarà il passaggio definitivo tutti i canali televisivi all’HD. Sarà necessario risintonizzare le TV: se la televisione è recente, non ci saranno problemi. Se non lo è occorre acquistare un decoder a parte. Il cambiamento ha generato una nuova necessità che è però voluta non da chi possiede il bene, bensì da chi eroga quel servizio.

E nel mentre si parla di Hd, già un nuovo bisogno (sempre per le televisioni) lo si scorge all’orizzonte. Sono iniziate le campagne di promozione delle trasmissioni più nitide, più performanti, quelle in 4K, ma già di parla di 8K. Dettagli tecnici a parte, ciò che salta agli occhi è il fatto che esistono molti apparecchi televisivi pronti peril 4K ma poche emittenti che sfruttano questa tecnologia. E quelle che lo fanno, lo fanno in maniera sporadica e sperimentale.

L’antitrust

A volte interviene . E quando interviene ha del clamoroso.

Si è scoperto che alcuni aggiornamenti del sw di apparati Apple e Samsung avevano uno scopo diverso da quello dichiarato.

In sostanza, oltre ad aggiornare gli apparati, il nuovo sw provocava malfunzionamenti ed un rallentamento delle funzioni degli apparati stessi.

L’Autorità garante della concorrenza nel mercato ha accertato che, «mediante l’insistente richiesta di effettuare il download e anche in ragione dell’asimmetria informativa esistente rispetto ai produttori», le società portavano i propri utenti ad installare aggiornamenti su dispositivi «che non erano in grado di supportarli adeguatamente», senza però informarli della cosa né senza dare loro possibilità di ripristino della versione precedenti. Ciò provocava malfunzionamenti o rallentamenti delle funzionalità.

L’antitrust ha sanzionato Apple con una multa di 10 milioni di euro e Samsung con una di 5 milioni di euro.

© Riproduzione riservata

Puoi anche leggere

Iniziato il Giubileo 2025, il Papa apre la Porta Santa

Il Giubileo 2025, indetto da Papa Francesco con la Bolla "Spes non confundit", si è aperto nella notte di

Leggi ...

Scrivere a mano ha ancora un senso ed è utile?

Se ci soffermiamo ad osservare amici e colleghi ci accorgeremo facilmente che, nella stragrande maggioranza dei casi, non stanno

Leggi ...

In mostra a Torino de Chirico e il suo rapporto col surrealismo

In mostra a Torino 70 dipinti e disegni di de Chirico e fotografie di Man Ray e Lee Miller

Leggi ...

Mobile Sliding Menu