San Leo, perla della Romagna, nel mito del famoso alchimista.
La rocca di San Leo si staglia su uno sperone di roccia a circa 600 metri d’altezza tra la Repubblica di San Marino e la riviera romagnola.
Sino al 2009 apparteneva alla regione Marche. Un referendum tra i suoi abitanti l’ha fatta transitare in Romagna, qualcuno direbbe Emilia Romagna, nella provincia di Rimini.
Il borgo, abitato sin dall’epoca romana, si erge sulla Valmarecchia, territorio ricco di dolci colline, fiumi ed antichi paesini.
Il nome di San Leo deriva da San Leone, giunto in questo borgo nel nono secolo dalla Dalmazia.
La tradizione narra che fu lui, tagliatore di pietre, ad erigere la Pieve situata nel borgo storico.
Il luogo, visitato da San Francesco nel 1213 e da Dante nel 1306, è stato a lungo conteso da grandi dinastie per il suo posizionamento strategico.
Attraverso una ripida stradina si raggiunge il centro storico e l’unica piazza del borgo. L’abitato ospita alcuni palazzi nobiliari, la Torre Civica ed il Duomo
Quest’ultimo è certamente il più alto esempio d’architettura medievale conservato nel Montefeltro e costituisce una delle più singolari ed importanti testimonianze dell’architettura romanico-lombardo.
La torre civica è chiusa al pubblico.
Ciò è un vero peccato dal momento che da questa si potrebbe godere di un panorama mozzafiato sull’entroterra e sulla costa.
La fortezza
Castello, fortezza, prigione, la Rocca di San Leo è tra le strutture meglio conservate d’Italia. Dall’alto dello sperone roccioso domina l’intera vallata.
I Romani, consapevoli della straordinaria attitudine del luogo, costruirono su questo sperone di roccia una prima fortificazione.
Durante il Medioevo, Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi si contesero a lungo la fortezza.
Berengario II, ultimo re del regno longobardo d’Italia, venne qui stretto d’assedio da Ottone I di Sassonia, tra il 961 e il 963.
San Leo fu poi conteso dai Montefeltro, da Cesare Borgia (che se ne impadronì nel 1502), dai Medici, per passare infine nei possedimenti dello Stato Pontificio nel 1631.
Dal 1631 la Fortezza venne adattata a carcere. In una delle sue anguste celle, ricavate dagli originari alloggi militari, furono imprigionati patrioti risorgimentali, dei quali il più celebre fu Felice Orsini, e liberi pensatori come il palermitano Cagliostro.
Roccaforte inespugnabile, oggi San Leo ospita e raccoglie diverse mostre legate alla sua grande ed importante storia.
All’interno della Fortezza di San Leo una ricca esposizione strumenti di tortura, accompagnata da un apparato iconografico e didattico, documenta il fenomeno storico e sociale dell’Inquisizione che coinvolse scienziati, filosofi ed eretici, tra cui il conte di Cagliostro.
Nelle sale è inoltre visitabile una mostra su Cagliostro che permette di approfondire le tematiche dell’alchimia, della massoneria e della società settecentesca europea.
Anche dopo l’Unità d’Italia, la fortezza continuò ad assolvere la sua funzione di carcere, fino al 1906.
La cella di Cagliostro
Nella sua fortezza finì i propri giorni il Conte di Cagliostro.
Giuseppe Balsamo, noto come Alessandro conte di Cagliostro, fu uno dei più enigmatici ed affascinanti avventurieri dell’età dei Lumi.
Nato a Palermo nel 1743, visse d’espedienti durante la gioventù, divenendo un personaggio di spicco negli ambienti massonici dell’epoca.
Il mistero che da sempre avvolge le molteplici attività svolte da Cagliostro contribuisce a tenere vivo l’interesse su di lui.
La sua fama d’alchimista e guaritore raggiunse le corti più importanti d’Europa, da Londra a San Pietroburgo, dove gli fu possibile stringere amicizie con personalità di spicco come Schiller e Goethe.
Alla corte di Versailles conobbe il potentissimo cardinale di Rohan che lo coinvolse nel misterioso affaire du collier, un complotto che diffamò la regina Maria Antonietta ed aprì la strada alla rivoluzione francese.
Dopo aver diffuso per diverse Nazioni d’Europa l’empia dottrina della massoneria egiziana, il 27 dicembre 1789 la Santa Inquisizione lo arrestò e condannò a morte.
Portato a scontare la pena, nella rocca di S. Leo, viene prima rinchiuso nella cella del tesoro, già considerata molto sicura.
In seguito a voci che dicevano che i sostenitori di Cagliostro stessero organizzando la sua evasione, fu buttato definitivamente nella cella del pozzetto.
Una cella, senza porta di entrata, di circa 10 metri quadrati. Per entrare in questa cella, fu calato dall’alto, attraverso una botola alta 3 metri dal pavimento.
Il papa Pio VI gli concesse la grazia e la condanna fu commutata in carcere a vita da scontare nella Fortezza di San Leo, dove fu rinchiuso in una cella senza porte nella quale fu calato tramite una botola del soffitto.
Il famoso avventuriero, oramai gravemente ammalato, si spense il 26 agosto 1795.
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