Santa Maria di Leuca, frazione di Castrignano del Capo, è la punta più meridionale del Salento e si adagia tra Punta Mèliso e Punta Ristola, i due promontori dal panorama mozzafiato che abbracciano il lungomare.
Nonostante l’estremo tacco d’Italia sia identificabile con Punta Ristola, Punta Mèliso (forse anche perchè qui sorgono il faro e il Santuario Santa Maria De Finibus Terrae) chiude convenzionalmente, insieme a Punta Alice in Calabria, il golfo di Taranto.
Da punta Mèliso è possibile ammirare lo spettacolo suggestivo dell’abbraccio di due mari: lo Jonio e l’Adriatico, che si toccano e distinguono anche nei colori, senza invadersi l’un l’altro.
La leggenda di Punta Mèliso e Punta Ristola
A proposito della nascita di questi promotori, la leggenda narra che un pastore rifiutò il corteggiamento di una sirena per restare fedele alla sua amata.
La creatura marina, offesa ed irata, uccise gli amanti e ne separò i corpi.
La dea Minerva, commossa dalla prova d’amore dei due giovani, li trasformò nei due speroni rocciosi che delimitano oggi il Capo di Leuca: Punta Mèliso e Punta Ristola.
I due speroni di roccia, guardandosi l’un l’altro, perpetuano in un grande ed eterno abbraccio al mare il loro amore.
Le perle di Santa Maria di Leuca
Santa Maria di Leuca è un borgo delizioso da scoprire a poco a poco.
Per brevità il nostro racconto di viaggio si sofffermerà ora solo su alcuni luoghi da non perdere ma, girando a piedi (parcheggiare è un vero problema per spazio e costo!), è possibile ogni volta scorgere una prospettiva nuova ed un nuovo aspetto della cittadina.
Da non perdere è il tour in barca dove è possibile visitare le grotte che si affaciano sui due mari con la possibilità di fare il bagno in acque cristalline.
Tra tutte le grotte da non perdere è la vista alla Grotta Zinsulusa, meraviglia che racchiude in sé una ricchezza di testimonianze preistoriche, reperti paleontologici e paletnologici, oltre a ospitare una varietà straordinaria di specie rare e delicate. Sono state identificate ben 26 specie acquatiche e 40 specie terrestri che trovano qui un habitat ideale.
Avendo tempo è preferibile visitare prima il lato Adriatico per poi concludere l’escursione nel pomeriggio sul lato dello Ionio dove è possibile assistere ad un irripetibile ed affascinante tramonto.
Ci soffermeremo infine su una curiositò locale, le bagnarole; ma di queste parlermo più oltre.
De Finibus Terrae: il Santuario della Madonna di Leuca
Il Santuario è stato edificato sulle rovine di un tempio pagano dedicato alla dea Minerva.
Entrando in Chiesa, sulla destra, si conserva un cimelio: l’ara o una parte di essa, su cui venivano offerti dai Leuchesi i sacrifici alla dea.
L’incisione sui fianchi ricorda il passaggio dall’uso pagano a quello cristiano: “Ubi olim Minervae sacrificia offerebantur hodie oblationes Deiparae recipiuntur”.
Del culto alla dea Minerva in Leuca scrivono Strabone e Varrone.
Sin dall’antichità è stato un centro cristiano di culto di riferimento per tutto il Salento.
Nel corso dei secoli fu distrutto e ricostruito più volte a causa delle incursioni saracene in epoca medievale e di quelle turche in seguito. Per tale motivo nel 1333 Papa Giovenni XXII trasferì la sede vescovile da Leuca ad Alessano. L’edificio attuale è il sesto ed è stato eretto nel 1700.
La tradizione vuole che a Santa Maria di Leuca sia sbarcato S. Pietro, il Principe degli Apostoli, proveniente dall’Oriente per recarsi a Roma e fondare la Chiesa.
Sul viale alberato che conduce alla piazza del santuario il pellegrino si trova la Croce Pietrina costruita a testimonianza del passaggio di San Pietro.
La pianta del santuario attuale è a croce latina con al centro l’altare maggiore e il quadro della Madonna dipinto dal pittore veneziano Palma il Giovane.
Nel corso della storia molte sono state le visite papali al Santuario. Nell’anno 343 papa Giulio I consacrò il santuario. Più recentemente vi sono state le visite di Papa Benedetto XVI il 14 giugno 2008 e di Papa Francesco il 20 aprile 2018.
La madonna protettrice
La Madonna di Leuca è considerata la protettrice dei pescatori in base ad un episodio avvenuto nel XVI secolo.
Si racconta infatti che una terribile bufera mise in pericolo le barche dei pescatori e la cittadina intera. L’intercessione della Madonna fece cessare la burrasca, salvò le barche e gli abitanti di Leuca.
Il faro e la scala monumentale
Il faro bianco ha iniziato ad operare nel 1866, costruito dal Genio civile.
Si eleva per ben 48 metri ed emette tre fasci di luci che costituiscono punto di riferimento per le imbarcazioni sino a 40 km di distanza.
Si giunge alla sommità ,dove è posizionata la gabbia di proiezione, tramite una scala a chiocciola di 254 gradini.
Nel 1937 l’alimentazione del faro, che fino a quel momento era a petrolio, fu trasformata in energia elettrica.
Dal piazzale antistante la basilica è possibile raggiungere la famosa scala monumentale.
Costruita nel 1939 per celebrare l’arrivo dell’acqua in Salento, la cascata è rimasta a lungo inattiva e solo da qualche anno ha ripreso a funzionare.
Viene aperta d’estate, in date prestabilite, con una speciale illuminazione artistica che di notte la rende particolarmente scenografica.
Si tratta di due rampe di scale, ognuna di 300 gradini, che collegano il Santuario con il porto vecchio.
Le due scalinate sono separate da una cascata artificiale aperta solo in occasioni particolari.
Le ville
Alla fine del 18° secolo lungo sul lungomare si sviluppa l’edificazione di abitazioni e villette in cui la piccola nobiltà e la ricca borghesia salentina trascorrevano le vacanze estive.
Nascono le raffinate ville signorili che ancora oggi conferiscono fascino e notorietà alla cittadina.
Una più bella dell’altra.
A metà maggio si aprono ai visitatori in occasione delll’evento “Ville in festa“, una due giorni in cui i giardini tornano a vivere i loro tempi migliori con un ricco calendario di eventi. La più antica è Villa Romasi che risale alla fine del 1700 ed ha un ricordo di stile toscano.
A partire dal 1874 lo stile cambia anche grazie all’intervento di architetti di spicco e si apre il respiro a nuovi stili.
Abbiamo il liberty di Villa Meridiana, che deve il nome alla caratteristica meridiana posta sulla facciata, l’arabesco di Villa Daniele, il fiabesco di villa Mellacqua o il cinese di villa Episcopo.
A voi il gusto di scoprirle ad una ad una.
Le bagnarole
Oggigiorno se una donna si sentisse in estate appellare con un… “ma come sei bianca!” ne resterebbe certamente offesa.
Un tempo non era così. Anzi. Sino alla fine del 1900 avere una carnagione candida, lattescente, era l’aspirazione di ogni donna perché simbolo di uno status riservato solo allo status dei nobili e dei ricchi. Era indice che era possibile trascorrere le giornate tra passeggiate, letture e ricami senza doversi preoccupare di lavorare.
Le donne abbronzate erano le donne lavoratrici che lavoravano nella campagne o nell’indotto della pesca aiutando i loro uomini a sbarcare il lunario.
La vera bellezza, per i canoni dell’epoca, era la pelle diafana, simbolo e rappresentazione di una donna elegante, riservata, di alto lignaggio.
Il caldo ed il richiamo del mare imponevano però di trovare una soluzione.
Impensabile il ricorso ai costumi da bagno che all’epoca erano ben altra cosa rispetto a quelli attuali: le donne indossavano pantaloni lunghi, maglie smanicate strette in vita, cappellini o cuffie in stoffa, Mostrare una caviglia era uno scandalo!
E, d’altro canto, era impensabile che una donna potesse andare in spiaggia esponendosi alla vista di tutti donando alla sua pella un “orribile” abbronzatura.
Nacquero così le bagnarole, delle costruzioni studiate appositamente per permettere di godere del meritato relax e refrigerio senza doversi preoccupare dell’altrui indiscrezione e dei raggi solari.
Ci sono diversi tipi di bagnarole
Esistono vari tipi di bagnarole.
Quella a conca, la più semplice (una buca scavata nella roccia) e pubblica,utilizzabile da chiunque.
Le bagnarole scoperte, anch’esse scavate nella roccia, di forma rettangolare con gradini che consentivano l’accesso al mare.
A differenza di quelle a conca, erano private perché proprietà delle famiglie benestanti.
Le bagnarole in legno, in uso all’aristocrazia, bagnarole a conca con scalini che conducevano in acqua, con una copertura in legno che garantiva la privacy.
Si sono conservate tre bagnarole in pietra e sono visitabili dal pubblico.
Sono quelle di Villa Fuortes e di Villa Meridiana, mentre la terza si trova nei pressi del vecchio molo degli Inglesi.
In esse gioca un ruolo importante la luce che, penetrando dalle finestrelle, dal lato mare e dalla cupola, crea un’atmosfera che trasporta indietro nel tempo lasciando immaginare la vita che abitava quelle mura.
Imperdibile la vista dalla finestrella: un quadrato ben definito attraverso cui ammirare il mare e le barche che passano per prendere il largo.
Nel 2010 il Circolo Culturale “La Ristola” ha lanciato l’allarme per la tutela delle bagnarole che rischiano di scomparire corrose dalla salsedine e dal movimento delle onde privando tutto il territorio di una inestimabile testimonianza storica e culturale.